La relazione ai tempi del Covid
Ci siamo o non ci siamo più? Sappiamo ancora trovare modi per entrare in comunicazione, sviluppare legami, creare contesti nei quali riconoscersi in questo tempo strano che perdura, senza mostrare cenni di arretramento?
Ad ormai più di un anno dallo scoppio della pandemia mi trovo a fare qualche bilancio su quanto la nostra vita sociale sia cambiata in questo ultimo anno.
Ma appunto, abbiamo ancora una vita sociale? Si può ancora parlare di vita sociale in un contesto in cui in modo continuativo si limitano o si negano i contatti fisici in presenza, circoscrivendo la libertà di movimento e di incontro delle persone?
Un primo dato di realtà: “l’uomo è un animale sociale, tende per natura ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società”[1]. Nasciamo all’interno di gruppi sociali, insieme ad altri, cresciamo e formiamo la nostra personalità sviluppando e imparando a gestire relazioni interpersonali, di gruppo, in diversi contesti; diventiamo maturi quando siamo in grado di gestire con equilibrio e donazione di senso le nostre relazioni, troviamo appagamento e realizzazione in ciò che costruiamo con altri; ci riuniamo in organizzazioni per raggiungere fini comuni che, da soli, non siamo in grado di perseguire.
Tutto questo non è cambiato con la pandemia: la dimensione relazionale e comunicativa, sociale e fisica ci appartiene e ci costituisce, ci fa essere uomini e donne completi, oggi come ieri; ci rende ciò che siamo, manifesta appieno il nostro esserci nel qui e ora, il nostro essere esistenzialmente immersi.
Certamente, non possiamo non constatare che qualcosa è cambiato: gli stravolgimenti che questa dimensione sociale e fisica ha subito nell’ultimo anno e che ha coinvolto tutti gli attori sociali, se pur con modalità e prospettive diverse, ci ha condizionato ed ha modificato la nostra percezione di “animali sociali”, ha creato disagi, paure, difficoltà relazionali più o meno evidenti, ma non ha soppresso il bisogno di socialità, anzi!
Un secondo dato di realtà: la pulsione all’aggregazione è rimasta, si è semplicemente spostata su altri scenari, su una nuova dimensione, la dimensione virtuale.
Non abbiamo smesso di incontrarci, di comunicare, di entrare in relazione, non abbiamo smesso di cercarci, di amarci o di odiarci… abbiamo semplicemente cambiato il luogo nel quale farlo, nel quale vivere le nostre molteplici relazioni, nel quale provare sentimenti e pulsioni che rimangono del tutto ed autenticamente umani; abbiamo imparato ad usare nuovi strumenti, più adatti e sicuri rispetto al contesto pandemico nel quale ci troviamo.
In poche parole: siamo diventati animali sociali digitali; un’evoluzione o forse più una rivoluzione?[2]
Di certo il cambiamento improvviso e obbligato che ci siamo trovati a vivere sposa più la tesi della rivoluzione che, però, come tutte le rivoluzioni, ha trovato terreno fertile su una modalità espressiva e comunicativa già presente da tempo nelle nostre dinamiche sociali, quel graduale e disomogeneo cambiamento nelle modalità comunicative e relazionali che già stavamo sperimentando, se pur in modo diverso, nelle varie fasce di popolazione.
Oggi possiamo dire, senza ombra di dubbio, che la diffusione degli smartphone e la semplicità del loro utilizzo hanno permesso di “salvare” una parte di relazione sociale e “fisica”, che altrimenti sarebbe andata persa in una condizione di emergenza come quella nella quale ci troviamo.
Immersa in queste dinamiche per motivi di lavoro, osservo con piacere persone di diversa età e di diversa provenienza geografica, culturale e sociale destreggiarsi tra webinar su Zoom e video-call su WhatsApp con una naturalezza che è a dir poco stupefacente. Certo, il disorientamento dovuto al cambiamento repentino, una certa resistenza ad accettarlo ci hanno accompagnato nella prima fase, ma oggi abbiamo sviluppato delle competenze relazionali nuove che, mi permetto di constatare, arricchiscono di valore i nostri incontri.
Le tecnologie digitali ci hanno salvato dalla perdita della relazione, hanno in qualche modo recuperato, se pur a distanza e, quindi, trasformandola senza dubbio, la relazione in presenza a cui eravamo abituati, ci hanno permesso di continuare a vederci, sorriderci, dialogare, esibendo per di più, senza paura di contagio, i nostri bei volti!
Positivo o negativo tutto ciò?
Non sta a me dirlo; non sono in condizione di esprimere giudizi di valore in merito; ognuno ha, in proposito, la propria esperienza a riferimento.
Di certo, quello che ho potuto constatare in questo anno di “relazioni virtuali” è stato che a fare la differenza non sono tanto gli strumenti o gli spazi nei quali ci incontriamo, quanto la volontà dell’incontro, il valore che diamo ad esso, il significato che ce ne portiamo appresso, la nostra capacità di essere autentici e dare senso a ciò che facciamo, la nostra capacità di governare il fenomeno: tutte dinamiche estremamente umane, sempre presenti quando due o più persone vivono l’affascinante dimensione dell’incontro, né più né meno, in presenza o a distanza.
Credo dunque, in conclusione, che sì stiamo salvando la nostra socialità: abbiamo ancora una vita sociale, forse anche più ricca per i tanti diversi e molteplici incontri che l’abbattimento delle distanze fisiche permette sul web.
Se pur un po’ smarriti ed ancora confusi, stiamo imparando a gestire con consapevolezza queste nuove modalità relazionali che abbiamo dovuto accogliere e fare nostre, che a qualcuno magari piacciono anche più delle tradizionali, che sicuramente non sostituiscono la socialità fisica, ma che hanno la potenzialità di integrarla e che, senza dubbio, ci costringono a rimettere al centro l’uomo ed il valore della relazione: siamo sempre noi, disposti a spenderci oppure no, disposti a dare attenzione, a creare valore, con la nostra presenza dentro alle relazioni che viviamo, sempre e comunque noi, a fare la differenza.
Ci abbiamo mai pensato? È forse giunto il momento di farlo, spinti anche da questa rivoluzione digitale nella quale possiamo essere protagonisti? Sappiamo dare valore alla nostra socialità? Sappiamo spenderci per creare luoghi di incontro e di confronto che siano realmente tali e che lascino il segno nelle nostre esistenze?
Non perdiamo l’occasione: nel senso di ciò che facciamo è racchiusa la bontà delle nostre azioni.
Daniela Corvi
[1] Aristotele, Politica
[2] Per evoluzione si intende lo sviluppo di cambiamenti graduali di fenomeni in un dato periodo, mentre la parola rivoluzione significa “una svolta”; un cambiamento improvviso, completo o radicale di qualcosa.
dipinto di Renè Magritte