Pungente rimpianto di un dolore che dissesta

[1]

“Noi uomini siamo in generale fatti così: ci rivoltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani, e ci curviamo in silenzio sotto gli estremi; sopportiamo, non rassegnati ma stupidi, il colmo di ciò che da principio avevamo chiamato insopportabile”[2]

È con grande amarezza che constato le strazianti pene e le profonde ferite di cui sanguina il mondo. Episodi di cronaca accertati dal nucleo investigativo dei carabinieri come quelli dell’esistenza di siti criptati (dark web) in cui i bambini venivano abusati sessualmente e torturati fino alla morte legati a pagamenti di somme in criptovalute (bitcoin) scuotono le fondamenta e dovrebbero richiamare l’uomo assopito dalla viziata atmosfera psicologica ad una predisposizione spirituale di cui renderci degni. Pensare che l’orrore che è stato scoperto non ci tocca minimamente ed è un qualcosa di estraneo a noi o di un’epoca prossima al tramonto è una triste anomalia della coscienza che nutre i germi letali del fallimento evolutivo, simbolo di una umanità straziata in tutte le sue fibre.

Prima di considerare le ragioni fornite di solito per giustificare tali catastrofici avvenimenti che si svolgono sotto i nostri occhi, dovremmo innanzi tutto pensare che dovrebbe esistere un ostacolo morale e una responsabilità impegnativa a seguito, “che esibendo un fine, un Leitfaden[3], che attraversando l’aggregato dei fatti, dei tanti “un punto”, ne possano dare un senso una direzione: la forma di tutti i punti”[4] che tenga conto della congenita unità armonica di una civiltà, purtroppo abbandonata ad un senso di fatalismo, che fa agghiacciare il sangue. L’ascesa dissonante di questi individui scissi e senza interna consistenza, costituisce paurose escrescenze che non giovano alla vita, ma provocano il trionfo della depravazione pubblica, della crudeltà; come direbbe Nietzsche, è l’istinto del gregge che trionfa, come un farmaco prodigioso.

La massima evidenza dell’edonismo radicale incide in modo spettacolare sull’intero pianeta; l’uomo, e lo si può constatare personalmente ogni giorno, si comporta nei confronti dell’ambiente e del prossimo come un capriccioso e dispotico padrone e non come un custode razionale o un fratello. Nel futuro tecnologico così agguerrito si è venuta formando una nuova trinità composta da produzione illimitata, assoluta libertà e felicità senza restrizioni, che non ha per effetto il vivere bene. Stiamo vivendo un momento della storia del mondo in cui la tecnologia ci ha messo a disposizione una scacchiera ricchissima di pezzi da muovere, innovazioni, cambiamenti, la quale da un lato ci rende più produttivi ed efficienti, mentre dall’altro sembra sdoganare un numero crescente di persone che riversano in essa i sintomi più esteriori del progressivo impoverimento della stirpe e il lento suicidio della civiltà.

In questo omaggio insaziabile di tutte le più basse passioni dell’umanità e di un’inerte e soporifera intellettualità, il turbine febbrile della tecnica agisce in modo deleterio sulla volontà, attenuandone la forza e snervandone il vigore.

La crisi dell’intelligenza già accusata dallo Splenger[5]è in atto: la capacità nativa di pensare con la propria testa, di orientarsi e di saper sfruttare quelle mirabili doti di intelligenza forniteci dal Creatore cede il posto all’immediato. Si diffonde il contagio di un’anemia religiosa, che travolge lo spirito soppresso dalla società divenuta luogo di malaffare, verso uno sterminio di vite umane; l’inquietante realtà storica di colonizzazione dell’ambiente digitale pone agli uomini problemi nuovi e diversi: possiamo forse pretendere che la cultura di Leopardi e della caciotta diventino stimolanti allo stesso modo?

In un’epoca così dovremmo, forse, iniziare a riconoscere in noi le energie recondite, rimboccarci le maniche e, come la trasversale memoria ci ricorda, “interrogarci su ciò che è sacro e su ciò che lo potrebbe essere anche se non appare empiricamente come tale.”[6]

Nella vita di ognuno di noi vi sono delle ore grigie, durante le quali sulla povera anima si addensano oscure e tetre nubi con ritmo incessante; le tribolazioni che affliggono la vita umana, le calunnie, gli intrighi, le sofferenze fisiche e morali sono battaglie normali nella vita e senza battaglie non si può sperare di giungere al premio: “ogni atleta è disciplinato in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una che dura per sempre.”[7]

Tuttavia legittimare l’abuso, la violenza, la sottomissione come estreme necessità di sopravvivenza della specie umana, utilizzando un positivismo giuridico[8] a cui tutti debbono inchinarsi anche quando agisce in maniera apertamente contraria ai dati essenziali della coscienza umana, non vi sembra un indice d’impoverimento materialistico del diritto? Nel periodo di transizione che stiamo vivendo, che tipo di divertimento vogliamo che la gente impari utilizzando internet? In quali meandri dell’universo digitale sono andati a finire lo slancio delle note universali delle cantiche e dei poemi che scolpivano ed incidevano su tutte le parti dell’umano ingegno l’ideale sublime che si apre verso l’infinito? Nel turbinio della vita dell’uomo, realmente crediamo di poter effettuare una restaurazione piena e completa della società prescindendo da Dio o contro Dio, artista ed oceano di vita?

I continui atti umani sono caratterizzati da proiezioni verso il futuro in funzione di un fine da raggiungere, in cui abbiamo bisogno di una speranza forte, che ci permetta di continuare a camminare sui sentieri fioriti di un alba benefica e non di una speranza tenue semimorta che giace tra le braccia di un umanità incosciente, che, non sapendo cosa fare, si palleggia le responsabilità nauseabonde di una depressione morale crescente della storia del genere umano.

Un ultimo monito: che cosa impedisce all’essere umano di sviluppare una tempra morale capace di opporsi all’eccessivo raggruppamento degli uomini come masse senz’anima? Concludo tenendo bene a mente questi fatti e la strana nausea che “zig-zaga” troppo velocemente nell’isola del pensiero, lasciando a voi le riflessioni etiche e i commenti.

Giulia Giordano


[1] S. Dalì, La persistenza della memoria, 1931, olio su tela New York, Museum of Modern Art.

[2] Alessandro Manzoni (1785-1873), scrittore, poeta e drammaturgo è uno degli autori di maggiore rilievo della letteratura italiana, considerazione dei Promessi Sposi.

[3] La parola di origine tedesca “viene tradotta come orientamento

[4] Guido Traversa, dall’identità individuale all’identità della storia, cit., p.38

[5] O. Splenger è stato un filosofo, storico e scrittore tedesco, autore de Il tramonto dell’Occidente.

[6] Ivi, cit., p 39

[7]1 Corinzi. 9,25

[8] Si intende quella dottrina di filosofia del diritto, la quale considera come unico possibile diritto il diritto positivo, ossia quello posto dal legislatore umano.

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