“Ma qual è la pietra che sostiene il ponte?”, chiede Kublai Klan.
Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra, – risponde Marco-ma dalla linea dell’arco che esse formano”.
Kublai Klan rimane silenzioso riflettendo.
Poi soggiunge: “Perché mi parli delle pietre? È solo l’arco che mi importa”.
Marco risponde: “Senza pietre l’arco non c’è”.[2]
Come contributo all’approfondimento della situazione epidemica che stiamo vivendo, cercherò di “disinnescare” il fenomeno di tensione legato agli eventi poco decifrabili costruiti da parole, immagini, inchieste a cui questa pandemia ci ha esposto per cercare di incasellare nello “spazio antropico”, le varie domande che inquietano la divagazione del mio pensiero. L’ineluttabile virus ha condotto ognuno di noi nel surreale balletto del tempo, prima della grande mietitura. Le persone, negli ultimi intensissimi mesi, avendo scoperto di essere vulnerabili e di poter persino morire, hanno scatenato il panico dell’irresponsabilità: supermercati presi d’assalto, centinaia di persone in fuga, ammassate nelle stazioni ferroviarie o degli autobus e tante altre geniali strategie, utili per inquadrare il problema di diffusione del COVID-19, ed offrirci una chiave di lettura raffinata, di un umanesimo a prova di bomba. L’umanesimo come molti di voi sapranno, affonda le sue radici nel mondo greco-romano, soprattutto a partire da Aristotele e dallo stoicismo. L’etica Nicomachea indica nell’amicizia naturale dell’uomo per il suo simile il legame fondamentale della società umana. Lo stoicismo avvalora l’esperienza amicale fondandola sulla oikeiosis[3]che porta alla benevolenza e trova nella vita sociale la sua più alta realizzazione. Ora, al di là delle scelte possibili tra le due parti enunciate non prive di riserve e critiche, per mitigare la sofferenza umana e l’esercizio della brutalità violenta e arbitraria delle relazioni sociali sarebbe interessante inquadrare la pratica sociale, del fenomeno emergenziale, per tentare un’interpretazione psicologica, capace di farci aderire ad un richiamo di umanizzazione che non coincida con l’interesse individuale ma con l’insopprimibile dimensione del nostro essere-con altri, che questa esperienza ha generato, per ritrovare le forze e militare contro una variante antropologica, in cui il potere sembra essere definito da mandrilli e da corvi, che ci meravigliano continuamente con una teatralità da far invidia ai più grandi scrittori di commedie. Nel far di conto con la piccolissima parte di realtà da me analizzata, in cui “mala tempora currunt sed peiora parantur”[4] a ben guardare, la devastante esperienza della sofferenza, della pena altrui, le grida laceranti dell’altro e i volti sfigurati di ciascuno, uniti al timore di essere colpiti dai medesimi mali, sono riusciti realmente a spalancare la porta della compassione? Le osservazioni che abbiamo raccolto e le scoperte di ricercatori, virologi etc. sono state in grado di attivare a livello psichico, le nostre difese immunitarie? Oppure hanno scatenato una tempesta che si è rivelata molto più distruttiva del virus stesso? La sterminata tematica comunicativa ha impiegato la sua funzione di “trend virtuoso”, determinando un operatività nella cura della diffusione di notizie, che abbiano rappresentato quelle precisazioni necessarie per superare i prosaici equivoci dei fondamenti scientifici dell’agire umano? Le pietre dell’umanità possono essere davvero tenute insieme dalla paura, dalla sopraffazione e dalla distruzione reciproca? Ed infine, i programmi economici e sociali varati contengono una concordanza armonica, che corrisponde alle immagini della realtà che stiamo vivendo? Tutto ciò, forse ad alcuni di voi sarà già noto da tempo, nonostante per me la via che sto cercando di rappresentare risulti ancora oscura, arcana e inaccessibile. Siamo arrivati al mese di Maggio, vicini ormai alla rottura dell’isolamento preventivo in cui versa il mondo intero, con possibilità di proroghe, e come tutte le “prove” che si incontrano nel cammino, auguro a tutti di sperimentare la felicità, nonostante le difficoltà, per affrontare gli ostacoli del percorso che l’avvenire ci riserverà, come bravi cavalieri, con slancio, sicurezza e capacità di giudizio.
A voi le riflessioni e i commenti.
Giulia Giordano
[1] Immagine, R. Magritte, il terapeuta 1937.
[2] I. Calvino, Le città invisibili Einaudi, Torino.
[3] Termine introdotto dai filosofi stoici per indicare la realizzazione, il fine ultimo degli esseri viventi.
[4] Utilizzata nel suo significato letterale è un’espressione di origine volgare.