Un piano inclinato… una pallina che ci scivola sopra, prendendo sempre più velocità.
Questa è l’immagine che mi torna alla mente, spesso, in questi giorni sospesi, ripensando a come si viveva ai tempi pre COVID-19. Mi rivedo in quella pallina che scivola prendendo sempre più velocità, inarrestabile; rivedo tutti noi, uomini e donne del terzo millennio, nella nostra quotidianità pre COVID-19, pieni di fretta, di cose da fare, di posti dove andare, di lavori da sbrigare, di famiglie da organizzare, figli da accompagnare… e potrei continuare all’infinito in questo elenco.
Sempre costantemente in ritardo rispetto a quel piano inclinato, sempre più inclinato e più difficile da gestire, il “sistema mondo” per come lo conoscevamo, la società per come la vivevamo, il lavoro, che ci richiedeva di essere sempre più veloci, più multitasking, sempre più sul pezzo, sempre più di corsa perché c’erano sempre nuovi lavori da fare, nuove mete da raggiungere, nuove attività da far fare ai figli, nuove proposte di svago, nuovi compensi da accumulare per poi star dietro alle tante “rate” da rispettare e/o ai progetti personali, dei figli, della famiglia da realizzare.
Stanchi, sempre con l’acqua alla gola, alla ricerca di qualche spazio di riposo, di defaticamento (in palestra, al corso yoga, in piscina) – anche qui di corsa, per rispettare orari, impegni presi, incastrando il tutto dentro ad un equilibrio familiare molto spesso fragile, incerto, sfilacciato. Vi siete mai chiesti, vi chiedete ora perché correvamo tanto? O dove pensavamo di arrivare?
Poi è arrivato il Covid-19… e si è fermato tutto!
Niente più corse a destra e a sinistra, niente più attività dove accompagnare i figli.. niente di niente… il nostro piccolo cosmo è saltato. Quel mondo che pensavamo fosse l’unico possibile è venuto meno.. quelle possibilità infinite che credevamo di avere, si sono sgretolate.
Oggi gli unici che corrono, e che dobbiamo continuamente ringraziare, lo fanno per salvare vite e proteggerci dal virus (e da noi stessi qualche volta!).
Devo ammettere che persino il mio pensiero ci ha impiegato un po’ a rallentare la corsa. La prima reazione al fermo forzato è stata, a livello mentale, un aumento di velocità di pensiero, per comprendere, cercare informazioni, trovare soluzioni alternative.. infine per farmene una ragione riconoscendo che soluzioni, (diverse rispetto a quelle che ci hanno imposto), per ora non ce n’è!
Sono trascorsi oltre 50 giorni, per me, dal lock down, – il mio ultimo giorno di lavoro risale al 19 febbraio scorso -, ed inizio a raccogliere i pezzi, a mettere assieme le tante informazioni e le esperienze che ho vissuto in questa quarantena e che mi sono arrivate da molteplici parti. C’è chi mi ha raccontato di aver riscoperto il valore della famiglia in questo tempo, costretti a vivere assieme 24 ore su 24, senza bar, partite di calcetto o corsi di ginnastica a separare i membri della famiglia anche quando potevano riunirsi assieme; chi invece mi ha confessato di aver dovuto fare i conti con le proprie paure (paura della morte, della fragilità, dell’impotenza), chi ancora si è re-inventato, sfidando se stesso, aprendosi allo smart working, alle tecnologie che pensava di non essere in grado di usare.
Tutte testimonianze estremamente significative perché raccontano un’altra storia.
Certo, il COVID-19 è una bestiaccia cattiva che dobbiamo sconfiggere tutti assieme, ma, grazie a questo fermo forzato, abbiamo forse un’ultima possibilità per riscoprire la nostra umanità, per riscoprirci esseri in relazione dentro un mondo malato, per mettere assieme le nostre forze, le nostre conoscenze, le nostre capacità, cooperando assieme alla ricostruzione di una società più equa, più attenta, più lenta e più consapevole che ciò che abbiamo non è perennemente acquisito, che siamo fragili, mortali, ma che, nel modo con cui viviamo la nostra vita, troviamo il senso dell’essere esistenzialmente gettati nel qui ed ora.
Mi chiedo e vi chiedo: quanto sarà utile ciò che stiamo vivendo per dare senso al nostro futuro?
Se ai tempi pre COVID-19 ci siamo fatti trascinare dal ciclone dei sistema, saremo capaci ora di fare tesoro dell’esperienza che stiamo vivendo, riusciremo a dare un senso più profondo e consapevole al nostro ritorno alla normalità? Quando ci verrà concesso di riprendere le nostre attività abituali, proveremo ad affrontare il nostro quotidiano con occhi nuovi, saremo capaci di approfittare di questa seconda navigazione1 che il virus ci ha inavvertitamente donato?
Non ho la sfera di cristallo, non posso prevedere ciò che accadrà; il timore che tutto torni come prima alle volte fa capolino tra i miei pensieri: sarebbe davvero da incoscienti non sfruttare ciò che abbiamo vissuto per dare nuova linfa e nuove opportunità al nostro vivere con gli altri!
So comunque per certo che questa esperienza ci ha profondamente cambiati.. il mondo che abbiamo lasciato il 21 febbraio scorso non esiste più. Certo, ci sarà sicuramente qualcuno tra noi che penserà di tornare così, come se niente fosse, alla sua vita di prima, ma se è vero che tutto scorre, che non ci bagniamo mai nello stesso fiume,2 oggi lo stiamo sperimentando drammaticamente a tutta velocità.
Non sprechiamo quest’occasione; approfittiamo di questo tempo per costruire la nostra Utòpia!3
Il mondo che troveremo sarà ricco di opportunità se noi, tutti insieme, lo sapremo affrontare con una consapevolezza nuova, più profonda, del nostro essere “animali sociali”,4 capaci di recuperare quel senso profondo di relazione che ci lega gli uni agli altri e da cui sarà imprescindibile ripartire.
Daniela Corvi
1 Platone nel Fedone usa la metafora marinara e parla dell’importanza della “seconda navigazione” che si intraprende quando cadono i venti e bisogna mettere mano ai remi. La “prima navigazione” è invece quella con le vele al vento e corrisponde al tragitto compiuto da Platone sulla scia dei naturalisti. La seconda va oltre la sfera del sensibile e alla conquista del soprasensibile.
2 Eraclito, “panta rei”, Aforismi, V – VI Sec. A.C.
3 Thomas More, “Libellus vere aureus, nec minus salutaris quam festivus de optimo rei publicae statu, deque nova insula Utopia”, 1516. In questo scritto il Filosofo descrive una società ideale, basata sull’accordo e la pacifica convivenza degli uomini uniti tra loro da valori e visioni comuni della vita sociale e politica.
4 Aristotele, “politikòn zòon”, La Politica, IV Sec. A.C.