Ricordarsi di ricordare

Secondi, minuti, ore, mesi, secoli, una lunga catena formata di anelli: alcuni splendenti, altri opachi, alcuni pericolosamente danneggiati. Una catena talvolta ritorta su se stessa, altre volte proiettata in avanti mai completamente lineare. Ogni anello un passaggio verso quello successivo. Taluni anelli sono legati ad anelli quasi distrutti, sono i più resistenti, ma quelli che seguono sono assottigliati. Non vi sono anelli uguali, ma con ciascun anello, anche se di alcuni ne vorremmo fare a meno, giungiamo all’ultimo, che ultimo non è. Eraclito ci ricorda che: “nessun uomo entra mai due volte nello stesso fiume, perché il fiume non è mai lo stesso, ed egli non è lo stesso uomo”. Ma il gesto di entrare nel fiume ci ha reso ciò che siamo, e il fiume di oggi non sarebbe lo stesso se non ci fosse stato il fiume di ieri. L’ultimo anello ha: da una parte un debito di riconoscenza nei confronti degli anelli precedenti, dall’altra la necessità di non ripetere gli errori che hanno corroso pericolosamente alcuni degli anelli che lo precedono.

Da più parti siamo richiesti incessantemente di vivere il presente in una sorta di bolla che ci anestetizza  separandoci dal passato ed impedendoci di preoccuparci del futuro. La proposta è quella di vivere l’attimo presente s-pensieratamente, accaparrandoci briciole di gioia senza coscienza del passato e rinunciando alla ricerca di un bene futuro, inteso come la felicità. Viviamo il paradosso di essere immersi in un mare magnum  di informazioni senza una reale capacità critica di gestire gli avvenimenti di “ieri”. Viviamo le notizie bruciandole senza mai farne reale esperienza, senza che queste possano costituire un bagaglio. Gli avvenimenti del passato sono utilizzati per suscitare emozioni senza una reale e profonda riflessione. Eppure ciascuno di noi in fondo si auspica di lasciare dopo di sé delle tracce. Desidera conquistare uno spazio nel futuro.

Conoscere per Platone è essenzialmente un ricordare mentre gli stoici consideravano il ricordo come “impronta”. La memoria non è un insieme di informazioni custodite, ma è una funzione attiva della nostra mente a cui attingere per formulare ipotesi e giudizi. Nel giorno del ricordo della Shoah, così come nel ricordo di tutti quelli che hanno perso la vita per un’ideologia politica, non possiamo restare indifferenti. Gli errori/orrori del passato devono essere conosciuti per evitare che le nuove generazioni, “scollate” dalla realtà, lo considerino qualcosa di ineluttabile, lontano da loro ed irripetibile. Ricordare diventa un monito educativo perché l’uomo è sempre in bilico tra la tentazione del male e la tensione al bene. Educare alla memoria significa allora educare ad elaborare ipotesi e giudizi mediati dalla conoscenza. Memoria come strumento di confronto davanti ai segnali di pericolo e come fonte da cui attingere esempi di collaborazione e condivisione per vincere e superare le sfide. A chi ci propone l’oblio per il quieto vivere, opponiamo la memoria ed i ricordi quali strumenti per rispondere alle sollecitazioni del presente e fare giustizia degli avvenimenti passati. Dall’appendice di “Se questo è un uomo” di Primo Levi: …. Ricordare è un dovere: essi non vogliono dimenticare e soprattutto non vogliono che il mondo li dimentichi, perché hanno capito che la loro esperienza non è stata priva di senso, e che i Lager non sono stati un incidente, un imprevisto della Storia” .

Daniela Argentati

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