Pubblichiamo l’intervista ad Ada Moretti, quale prima testimonianza della nostra riflessione su “i filosofi nel mondo del lavoro 4.0”. Buona lettura, Patrizia Cortassa Chi sei, presentati. Mi chiamo Ada Moretti e sono un Counselor Filosofico Professionista. Svolgo la mia professione in provincia di Monza e Brianza. In passato ho lavorato per molti anni nel settore della comunicazione, sia nel campo dell’editoria medico-scientifica presso l’IRCCS “Eugenio Medea”, sia come libera professionista per aziende. Sono laureata in Lettere e laureanda magistrale in Psicologia Clinica. Quando e perché hai sentito il “bisogno di filosofia”? Perché hai deciso, pur esercitando già una professione, di studiare filosofia? In realtà non ho deciso genericamente di studiare filosofia (nella quale avevo già un’approfondita preparazione), bensì di formarmi specificamente in Counseling Filosofico, ossia nella relazione d’aiuto che si fonda sulla filosofia: penso infatti che, al di là dell’insegnamento accademico, ciò che più conta nella filosofia stessa sia l’applicazione che se ne fa per l’uomo. Questa visione recupera l’idea antica e originaria di filosofia come strumento per la vita, da utilizzare per chiarire, comprendere e trasformare l’esistenza. Quale valore aggiunto ha portato la filosofia nel tuo lavoro e nella tua vita? Per dirla con Jean-Paul Jouary, a che cosa serve la filosofia nello svolgimento della tua professione? Lavorando come Counselor Filosofico, non uso la filosofia come competenza accessoria all’interno di un’altra attività: essa rappresenta al contrario il nucleo e la struttura portante della mia professione. Applico la filosofia pratica soprattutto lavorando con consultanti singoli, in relazione ai grandi temi della vita quali le relazioni, la salute, il senso, la prospettiva, il futuro, il rapporto con la propria storia. Inoltre, mi occupo di Counseling Filosofico nello specifico ambito della medicina, sia con i medici sia con i pazienti, anche in realtà molto complesse: una delle esperienze più interessanti in questo campo è stata un seminario che ho realizzato per la Fondazione Ariel, che si occupa di disabilità neuromotorie infantili, in cui ho utilizzato la filosofia con i genitori dei pazienti per definire i concetti di identità e disabilità e impostare un dialogo socratico sul tema della felicità. Ma il Counseling Filosofico è per me anche un arricchimento esistenziale in senso personale, perché la sua pratica consiste nel camminare veramente accanto al proprio consultante, condividendone il percorso e individuando con lui nuove prospettive e nuove possibilità di senso che, in modo propriamente filosofico, riguardano anche il counselor in quanto essere umano. Nell’applicazione della filosofia, infatti, il singolare si connette sempre all’universale. I rapporti tra filosofia e psicologia affondano le loro radici nel pensiero dei grandi filosofi della Grecia classica. Sono due campi di studio affini e complementari, eppure oggi sono tanti i sostenitori dell’opposizione filosofia versus psicologia. Qual è secondo te la differenza fondamentale tra Filosofia e Psicologia? Filosofia e psicologia oggi sono spesso percepite come distanti. La psicologia rivendica il proprio status di scienza e nel nostro Paese ha recentemente ricevuto il riconoscimento di professione sanitaria: nonostante la connessione con la medicina sia positiva, purtroppo questo contribuisce anche a distanziarla dalla sua natura di “ logos della psiche” e quindi dalle sue radici filosofiche. Certamente l’evoluzione della psicologia ha portato con sé avanzamenti importanti, come quelli in ambito cognitivo o gli studi in congiunzione con le neuroscienze, ma nel guardare all’uomo come realtà parcellizzata essa ha perso anche parte di ciò che è necessario per comprendere la persona. L’uomo, tuttavia, in quanto portatore della sua stessa psiche, non può e non deve essere ignorato o fatto oggetto di riduzione. Se si scotomizza questo aspetto si perde il nucleo dell’essere umano, che è un nucleo di senso, dunque filosofico. La filosofia ci consente di non smarrire il fondamentale elemento del senso, senza il quale l’essere umano può vivere fisicamente e forse può anche funzionare strumentalmente, ma di certo non può esistere autenticamente. È impossibile quindi fare a meno della filosofia, perché se la si perde o la si riduce si perde anche l’uomo. Ognuno di noi, come creatura singola e unica, ha bisogno di conquistare e mantenere un senso della propria vita, oltre a necessitare che gli si renda ragione dei fenomeni fisici e psicologici. L’ideale sarebbe quindi riconoscere le differenze tra Filosofia e Psicologia e farne terreno di reciproco arricchimento e collaborazione, consentendo un approccio integrato all’essere umano. Questo è ciò che io stessa mi prefiggo unendo la professione di Psicologa a quella di Counselor Filosofico. Se dovessi riassumere con una citazione o un aforisma quanto più di positivo ti ha dato e ti dà la filosofia, che cosa diresti ai nostri lettori? “It takes life to love life”: è il verso finale del componimento “Lucinda Matlock”, dall’“Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters. Poche, pregnanti parole che si prestano a un’interpretazione poliedrica: ci vuole vita per amare la vita, ci vuole un’intera vita per amare la vita e bisogna essere vivi per amare la vita. Parlando dell’essere umano, penso sia veramente una delle citazioni più filosofiche che esistano! di Patrizia Cortassa |
Concordo pienamente sulla necessità di un lavoro comune tra psicologi e counselor. Ad esempio nel recupero dell’autostima è possibile lavorare sulla rimozione di blocchi psicologici, ma anche attraverso il recupero di senso per dare valore alle proprie azioni quotidiane, come mirabilmente scritto nell’intervista. Il lavoro sinergico amplia le possibilità di successo e consente al consultante di avere voci ed approcci diversi. L’incontro con la filosofia offre molte metodologie atte ad una riflessione razionale sui malesseri derivanti alla propria visione sulla realtà. Ringrazio Patrizia per la bella intervista che cercherò di promuovere.
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