“Che il mondo si trovi in una condizione di male è un lamento vecchio quanto la storia, vecchio anche quanto la poesia, più vecchia della storia, vecchio anzi quanto la più vecchia di tutte le leggende poetiche, la religione dei preti. Tutti, nondimeno, fanno incominciare il mondo dal bene: dall’età dell’oro, dalla vita nel paradiso, o da una vita ancor più felice nella comunanza degli esseri celesti. Ma essi fan ben presto svanire questa felicità come un sogno, e allora affrettano la caduta del male. […][1]
Il clamore mediatico causato dagli episodi avvenuti a Bibbiano, torna a riaccendersi con gli ultimi avvenimenti messi in luce da una nuova inchiesta, che vede non solo le persone coinvolte reintegrate a lavoro ma anche nuove intercettazioni telefoniche che registrano la brutalità di questa vicenda che infarcisce da tempo le cronache dei quotidiani, e della rete che colloca nello spazio, una comunicazione fatta non solo di parole, ma anche di legami (link)[2] riproducibili, che si propongono di guidare l’occhio del lettore, attraverso un percorso utile, per documentarsi su questo avvenimento, che continua a scuotere profondamente l’opinione pubblica.
Volendo concederci ancora una volta il legittimo dubbio formulato finora dalla storia, che l’uomo non è un esser concluso e rimane ciò che è sempre e ancora da pensare, in quanto dischiude nuovi sensi e nuovi mondi, riflettendo su ciò che è accaduto a Bibbiano, sembra esserci stato un tramonto della coscienza umana che, essendo approdata nel mondo dell’irrazionale puro, non è più in grado di offrirci una visione chiara e distinta della realtà. Il flusso continuo d’informazioni valide per far luce sulle responsabilità dell’inchiesta che verte sui bambini strappati senza motivo alle famiglie, mettono in evidenza una “fuga umana” impetuosa che sembra aver perso ogni plausibile proporzione nei confronti della responsabilità sociale intesa come arte, attraverso la quale gli uomini imparano a rapportarsi in modo adeguato con ogni realtà al livello che le è proprio. Il codice deontologico sembra essersi infranto sulle rocce dell’avidità, del profitto economico e dell’odio, determinando la natura del flusso d’acqua. L’uomo, dall’agire simile a quello dell’insensibile efficienza delle macchine, ha rinchiuso le vittime di “Angeli e Demoni” in una “battaglia psichica” proiettando verso l’esterno rivoli di brutale cattiveria che determinano un conviviale umano troppo pragmatico, per amare le problematiche che a volte l’altro porta con sé. Nessuno, me compresa, può ritenersi felice dei difetti di questa umanità surrogata, che abbraccia la degradazione dell’uomo, ma che cosa potrebbe correggere le innumerevoli ed inimmaginabili ingiustizie del mondo che sembrano chiedere allo stesso Dio di comportarsi bene se desidera trovare un posto nel nostro cuore? Questa transizione umana è diretta verso i gradini di una scala che conduce alla luce? Oppure cammina nell’oscurità come se non avesse più un luogo dove ritornare? Esiste un modo qualunque, secondo voi, per uscire dal labirinto psicologico in cui l’umanità prosaica, sembra essersi smarrita? E, infine, alle tre domande più importanti di tutte: Che cosa possiamo sapere? Che cosa possiamo fare? che cosa ci è lecito sperare? prese in prestito dalla Kantiana memoria, consegno l’enigma dell’attuale condizione umana, con la speranza di riuscire a trovare in esse, qualche stimolo utile per incentivare riflessioni e commenti.
Giulia Giordano
[1] I. Kant, La religione entro i limiti della sola ragione (1793), p.17
[2] Link (abbreviazione di hyperlink) è un collegamento ipertestuale tra due pagine web, che serve a far spostare l’utente da un punto A, a un punto B.